Il teatro dei greci by Davide Susanetti

Il teatro dei greci by Davide Susanetti

autore:Davide Susanetti [Susanetti, Davide]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
pubblicato: 2011-12-10T23:00:00+00:00


6. Politica e dolore da Eschilo a Euripide

6.1 La rovina della stirpe

Sulla scena tragica deflagra il conflitto tra istanze opposte, tra inconciliabili orizzonti di valore. E spesso, nella contesa che oppone i personaggi, uno stesso nome viene impiegato da soggetti diversi per designare realtà nei fatti antitetiche.

«Ares lotterà contro Ares, Giustizia contro Giustizia» (Eschilo, Coefore 461): il principio della reciprocità violenta abita l'universo arcaico dei géne, delle stirpi gentilizie. Díke, Giustizia, è qui una norma di equilibrio distributivo e retributivo: «parole d'odio con parole d'odio si paghino [ ... ] un colpo mortale un colpo mortale ripaghi. Chi ha agito patisca» (Coefore 309-14). Legge cruenta che diviene spazio di crisi e di sovversione quando la violenza non è rivolta all'esterno della comunità, ma si installa all'interno del focolare domestico e nella città. Da ciò si scatena una sequenza continua di vendetta e di morte, come dimostra in modo esemplare la saga degli Atridi ripresa da Eschilo nell'Orestea: l'uccisione dei figli di Tieste, il sacrificio di Ifigenia, gli assassini di Agamennone e Clitemnestra. La sanguinosa catena si interrompe solo quando Oreste, per iniziativa divina, viene condotto ad Atene ove dovrà sottoporsi ad un processo. Qui, la stessa dea che dà il nome alla città, Atena, fonda, per la prima volta, «un istituto di giustizia che resterà saldo per sempre»: un tribunale per i delitti di sangue ove «giudici giurati» dovranno emettere la loro sentenza, dopo aver vagliato «prove e testimonianze» (Eschilo, Eumenidi 482 ss.). Il processo di Oreste si conclude con l'assoluzione del matricida: sulla scena di Eschilo, l'androcratica Atene difende e privilegia il diritto del maschio, la giustizia del padre e dello sposo, «custode del focolare domestico», contro quello della madre, della moglie adultera che ha osato uccidere il suo sposo. Ma la giustizia umana ha i suoi limiti e le sue incertezze: per giungere a tale verdetto occorre che la stessa Atena si pronunci a favore di Oreste, risolvendo il voto di parità espresso dai giudici.

L'orrore che ha abitato una stirpe di assassini si trasforma così in un ordine fondante per la città. Le Erinni, le antiche e spaventose figure ctonie che incarnavano lo spirito di vendetta per i delitti tra consanguinei, divengono – grazie alla persuasiva perorazione di Atena – divinità che proteggono e benedicono la pólis (Eschilo, Eumenidi 881 ss.). L'elemento tremendo, il deinón che la vicenda e le arcaiche Erinni rappresentano, viene trasformato e inglobato in uno spazio civico che, pur debellando i mostri del passato, riconosce il valore deterrente della paura: «chi degli uomini è giusto se nulla teme?». Dalle sventure di una famiglia si dispiega così – nella sapiente drammaturgia tragica di Eschilo – un orizzonte politico che, secondo le raccomandazioni di Atena, deve tenersi lontano tanto dall'anarchia quanto dal dispotismo, conservando sempre il «giusto mezzo» (Eschilo, Eumenidi 690 ss.).

L'universo gentilizio, le arcaiche sovranità devono dunque estinguersi e risolversi nell'equilibrio dell'ordinamento democratico perché la pólis possa vivere ed evolversi. «Salverai la città se morrai senza prole» – aveva ingiunto l'oracolo delfico al re tebano Laio (Eschilo, Sette a Tebe 748-49).



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